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Vittorio Emanuele Pisani, direttore del Consorzio Tutela Provolone Valpadana e del Consorzio Tutela Taleggio.
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Pisani/Consorzio Provolone Valpadana e Taleggio: i nostri non sono marca

25/11/2008

Advertising come punta dell’iceberg, decidendo di collaborare con l’agenzia che ha convinto le precedenti scelte. Senza intravedere nella contemporanea direzione di due consorzi un possibile conflitto, quanto invece il vantaggio per possibili economie di scala. Credendo fermamente nella necessità di entrare nella fase di programmazione della produzione, aborrendo politiche di prezzo. Anche e specialmente in momenti di crisi. Con la comunicazione ad aiutare a diffondere cultura. Specie in casi in cui i Consorzi non sostituiscono la marca. Lo ha ha spiegato a youmark Vittorio Emanuele Pisani, direttore del Consorzio Tutela Provolone Valpadana e del Consorzio Tutela Taleggio.

Direttore di due consorzi, rappresentando prodotti come provolone e taleggio. Non si rischia il conflitto di interessi?
“Nessun conflitto, anzi. I consorzi svolgono attività di servizi per i propri associati e sono possibili interessanti sovrapposizioni, in particolare per quanto riguarda la comunicazione e il marketing”.

E’ di recente partita la campagna per il taleggio, con lo scopo di svecchiarne l’immagine allargando a un target più giovane. Ha esordito pure la nuova per provolone. Sempre con The Others, che si è aggiudicata pure quest’ultimo incarico. Cosa vi ha convinto, perché la sua proposta ha vinto sulle altre?
“In parte la risposta è già contenuta in quanto ho appena affermato. L’agenzia ha un contratto con il Consorzio Tutela Taleggio ed il sottoscritto, in qualità di direttore del Consorzio Tutela Provolone Valpadana, ne ha potuto saggiare il talento, convincendo detto consorzio dell’opportunità di svolgere analoga promozione anche per il Provolone Valpadana. Non c’è stata nessuna gara”. 

Quanto spendete in comunicazione, distinguendo i budget?
“Esistono delle variabili determinate dagli introiti consortili, il cui maggior importo è costituito dai contributi degli associati, che possono variare essendo legati alla produzione di ciascun specifico prodotto”. 

Molti consorzi di prodotti doc si sono proposti con una campagna, significa che serve a ‘scaldare’ i consumi?
“I consorzi hanno proprio questo specifico incarico: la valorizzazione del prodotto che rappresentano. La modalità che massimizza gli sforzi è proprio la comunicazione”. 

Per il taleggio si è trattato del debutto in tv, pur contemplando anche stampa e web. Per provolone è prevista sempre la tv e la stampa. Insomma, ci sembra di capire che crediate maggiormente sull’advertising classico, vero?
“Non è esattamente così. Diciamo che è l’aspetto più appariscente. I consorzi hanno, da tempo, promosso attività di formazione ed informazione con il mondo della scuola, coinvolgendo alunni ed insegnanti in una serie di incontri e di visite guidate nei caseifici, favorendo non solo il diretto contatto con la produzione, ma realizzando, di fatto, specifici progetti didattici sull’alimentazione. E’ stato inventato anche un personaggio (mister Cheese) che, negli anni, ha sempre curato più gli aspetti didattici che la promozione di un singolo formaggio. Senza dimenticare quanto i consorzi investano per il miglioramento qualitativo del prodotto”.

Che dire della promozione di prezzo, la crisi spingerà sempre più in quella direzione?
“E’ una logica da cui i prodotti Dop devono chiamarsi fuori: non è infatti possibile proporsi al consumatore con temi legati al territorio, all’unicità delle caratteristiche di ciascun prodotto, al controllo, a volte esasperato, del prodotto stesso se, sul banco di vendita, troviamo i produttori che, pur di essere presenti, sono disposti a fare sacrifici sul prezzo. Bisogna uscire da questo circolo vizioso. I consorzi possono diventare un prezioso strumento per combattere l’attuale crisi, anche rivedendo i propri compiti, entrando compiutamente nella fase di programmazione della produzione”

Consorzi come i vostri devono essere considerati e ragionati alla stregua di una marca?
“La questione è piuttosto controversa e nasce dalla considerazione che, in alcuni casi, il logo e il nome della Dop possono essere considerati veri e propri marchi. Parmigiano Reggiano e Grana Padano ad esempio. La realtà di Provolone Valpadana e Taleggio, invece, vive di marchi commerciali conosciuti ed apprezzati da tutti. In questo caso la denominazione è un valore aggiunto di cui la marca si fregia, per avvalorare i contenuti della loro comunicazione. Vedi Auricchio e Autogrill” .

E il consumatore li percepisce come tali?
“Il consumatore percepisce il consorzio, quando ne conosce l’esistenza, come un soggetto che garantisce la qualità del prodotto. In verità non è proprio sempre così, poiché, in virtù di specifica normativa comunitaria, è un ente terzo che certifica la corrispondenza del prodotto con lo standard di produzione. Il consorzio svolge, invece, un’intensa attività di vigilanza nelle fasi successive alla produzione, per garantire il consumatore da eventuali frodi e/o contraffazioni”.

 

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