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Ludovico Bancale, fondatore e ceo BootB
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Bancale/ BootB: un mercato libero, per liberare la creatività

25/02/2008

L’ultima gara è stata vinta da due ragazzi italiani, che lavorano insieme in rete. L’uno copy, di Treviso, l’altro art, di Cava dei Tirreni. Per un una campagna virale Disney sul web, con 15.000 dollari di compenso. Ecco perchè BootB potrebbe essere la soluzione alla scarsa creatività advertising italiana. A spiegarne il ‘basso’ livello scenderebbero in campo interessi di pochi. Dei quattro “grandi” che si contendono l’85% della torta. Con le multinazionali a servirsi di una sola agenzia e con la big idea che spesso stenta a venire. 'Bendare' i partecipanti, permettendo a chiunque di risolvere il brief, un'opportunità. Youmark ne parla con Ludovico Bancale, fondatore e ceo BootB.

Probabilmente è stata una fortuna che sei anni fa il dover investire 5 miliardi delle vecchie lire avesse spaventato Ludovico Bancale al punto da desistere. Perché, come lui stesso ammette, i tempi non sarebbero stati maturi. 

Tanto che, un progetto come il suo, un market place della creatività, anche sei anni dopo non era stato ancora realizzato da nessuno. Così l’ex manager l’Oreal, che la gestione della quotazione del Gruppo Rosineter rese anche ‘ricco’, a gennaio 2008 inaugura BootB, spendendo tra l’altro un po’ meno, circa 2 milioni di euro, dell’originario previsto, in un mix di tecnologia russa e americana. 

Quattro le sedi: Wellington, Mosca, Londra e Honk Kong, per coprire tutto il mondo. Perché non esitono solo clienti globali come P&G o Peugeot, ma anche aziende che hanno bisogno del contatto. Di trenta persone il team, senza ambizioni di crescita, perché a fare tutto è la libera iniziativa degli utenti in rete.
 
Ma come funziona?
“Domanda e offerta si incontrano online. Le aziende proponendo un brief e un budget per il compenso. Creativi free lance e agenzie rispondendo con idee”. 

Significa che poi l’azienda le deve far realizzare?
“Televisione e siti web a parte, perché, visti i costi di realizzazione, il servizio si ferma rispettivamente a story board e progetto, per gli altri tipi di iniziative, dalle campagne stampa al packaging, si offre il prodotto finito”. 

Come vengono tutelati i creativi?
“Solo l’azienda protagonista ha la possibilità di visionare tutte le proposte creative. Una volta scelta la meglio, le altre vengono automaticamente cancellate. BootB non è un sito moderato. Appaiono tre opzioni, a seconda si scelga il progetto, piuttosto che lo si cestini, o ancora si bandisca quel partecipante trattandosi di spam o presa in giro. Inoltre, nessuno conosce a priori l’identità dell’autore. Sia esso free lance, agenzia, o debuttante”. 

E dove sta il business?
“A BootB va il 10% dei budget, il 90% al creativo. Un modo per valorizzare questo lavoro. Troppo spesso, infatti, i nuovi talenti sono sottopagati in agenzia”. 

Oggi le agenzie ‘lottano’ con fee al ribasso. Non è che il vostro market place contribuisce ad alimentare un mercato in saldo?
“Faccio un esempio, il brief Auchan ha ottenuto 38 proposte in otto giorni, fissando il budget a 25.000 dollari. E’ vero che normalmente ne avrebbe spesi almeno 80.000, ma la retribuzione del lavoro dei creativi sarebbe stata di gran lunga inferiore. Si tratta di una rivoluzione culturale. Simile a quanto accadde al commercio, con la disintermediazione del mercato, a discapito dei grossisti. Oggi l’85% del mercato pubblicitario è in mano a quattro big: Wpp, Publicis, Interpublic e Omnicom”. 

E allora?

“In una redistribuzione delle quote del mercato della creatività anche gli italiani potrebbero iniziare a imporsi. Altrimenti non ci si spiega come mai il nostro paese, che tanto eccelle in moda e design, non riesca a fare altrettanto in pubblicità. La risposta sta nell’impossibilità di dare a tutti la possibilità di partecipare. BootB, non permettendo al cliente di vedere di chi è la proposta, non discrimina a monte. Non c’è distinzione tra grande e piccola agenzia, free lance, giovane al debutto, o paesi. Come dimostra l’ultima gara assegnata a due giovani italiani, che lavorano insieme grazie a internet, trovandosi agli antipodi dell’Italia. Mi riferisco al progetto Disney per una campagna virale sul web”. 

Insomma, la colpa ricade sull’agenzia. Ma non è che siano i manager a non voler mai rischiare?
“A giudicare dall’adesione a BootB non si direbbe, visto che anche un’azienda tradizionalista come Ferrero ha sposato l’idea. Ma forse è perché qui il gioco vale la candela”.
 
Quali sono i vostri obiettivi? 
“Di raggiungere l’1% di quota del mercato della creatività mondiale, circa 20 milioni di dollari. Nei primi due anni”. 

A oggi, come sta andando?
“5.500 creativi e agenzie iscritte. Con una media di 500 nuovi a settimana”.

 

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