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Cosa c’è di scioccante in questa campagna? Ecco perché il no di Pubblicità Progresso non convince

13/05/2011

La Fondazione Italiana Diabete, infatti, era certa di ottenerne il patrocinio. Attraverso le parole del suo presidente Nicola Zeni, a youmark spiega che non c’è nulla di scioccante, solo la verità. Nessun espediente aggressivo, macabro, cruento. Come, invece, è il diabete, soprattutto quello di tipo 1, su cui si concentrano gli sforzi. Una malattia autoimmune, che non è una condizione. Ci si muore. Non a caso, si è scelto di attribuire la campagna alla sensibilità di Gian Armando Testa, malato di diabete. E la maschera sul bambino non è da mostro, ma da adulto. E’ stata creata ad hoc da professionisti del cinema, per non assomigliare a nessuno, rappresentando il peso di quanto potrebbe non più essere. Alla fine, infatti, viene tolta dalla madre. C’è speranza, anche se l’immagine è sfumata. Per dire alla ricerca di non gettare la spugna. 

L’obiettivo deve essere guarire. La ricerca, dunque, deve ripartire, più forte, credendoci. E, nonostante il no di Pubblicità Progresso, sono tante le testimonianze di approvazione e fiducia ricevute in Fondazione, da malati, loro genitori e associazioni. Solo chi vive sulla propria pelle il calvario sa. Per Zeni si è trattato del figlio. Aveva appena 18 mesi quando gli fu diagnosticato il diabete di tipo 1. Un verdetto a vita. Rischiò anche di morire. Oggi ha 8 anni e mezzo. Un bellissimo bambino. Apparentemente fa una vita normale. Perché è vero, la ricerca farmaceutica ha permesso passi da gigante, rendendo sempre meno impaccianti e invalidanti le cure. Ma l’insulina è comunque necessaria. E questi bambini non possono correre liberi, come gli altri. 

Il che non significa snobbare i risultati raggiunti, anzi. Vuol dire ragionare più approfonditamente, capire il senso degli investimenti, guardando oltre interessi e business. Tanto che la Fondazione Italiana Diabete ha rinunciato ai contributi delle farmaceutiche. Come sembra non sempre accadere tra le associazioni del comparto

In merito alla campagna, comunque, Zeni si dice dispiaciuto delle polemiche che ha sollevato. Non era questo l’intento. Sorridendo ammette di non essere un esperto di comunicazione e di non aderire al detto ‘purchè se ne parli’. “Vogliamo solo che protagonista diventi l’informazione sul diabete di tipo 1 (in Italia i malati sono 20-25.000 contro i 3 milioni e mezzo di affetti da tipo 2, o dell’età adulta). Poco conosciuto, spesso sottovalutato, considerato simile a quello dell’età adulta (per il quale c’entrano abitudini e stili di vita). Servono fondi e ricerca per sperare, per guarire. Perché se ce l’hai non hai una vita normale”. 

E a ciò vogliamo aggiungere che forse solo i messaggi che spaccano sono efficaci. La mediazione in comunicazione, infatti, non porta che mediocrità, dunque indifferenza. Lo shock di cui qui si può parlare, poi, non è certo per cruenta strumentalizzazione di un disagio, né per ricorso a richiami tali da generare ingiustificati allarmismi e sentimenti di paura o di grave turbamento. E’ semplicemente dovuto al merito di far conoscere una realtà dai più ignorata. Sorprendendosi nel comprendere che la via per una cura definitiva esiste, ma sembra scandalizzare.

 

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