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Chronotech, prima la consultazione poi il contest. Rozzi/1861united: una vergogna

22/09/2010

La scorsa primavera la notizia della consultazione avviata da Global Watch Industries per il rilancio in comunicazione del brand Chronotech. Di ieri quella relativa a un contest su BootB, aperto dall'azienda, in cui si chiede un'idea creativa per la realizzazione di una campagna che riguarda sempre lo stesso brand. Compenso 4.800 dollari. Che fine ha fatto la consultazione? Ci siamo chiesti. E ancora, possibile che nonostante i nomi 'di peso' delle strutture coinvolte, nessuno sia stato in grado di produrre una proposta decente? Per scoprirlo lo abbiamo chiesto a uno dei diretti interessati, Pino Rozzi, che con la sua 1861united a suo tempo era stato convocato.

A distanza di circa sei mesi, cosa è successo? Si tratta di due progetti diversi? 
"Bella domanda. Non abbiamo saputo più niente. A un certo punto tutto è finito in una bolla di sapone. L'azienda è come se fosse sparita. Non una telefonata, non una spiegazione qualsiasi. Sono offeso".

Forse avevate frainteso le intenzioni
"Non credo proprio. Siamo andati a Bari più di una volta e a nostre spese. Così come presuppongo le altre agenzie contattate. Tra l'altro eravamo stati contattati per la nostra expertise, avendo lavorato su Breil. Quindi per la conoscenza della 'materia' che dovevamo trattare. Tutto faceva presupporre una serietà a monte".

Che conclusione ne trai?
"Che è una vergogna. Comportamenti così rendono chiaro un fatto: per alcune aziende le idee sono 'raccattabili' per strada e non hanno alcun valore. D'altra parte lo abbiamo tutti sotto gli occhi. Basta guardare un qualsiasi break pubblicitario".

Spesso la risposta è che ci sono campagne che possono non piacere ma che fanno vendere
"Non ci credo. Fanno vendere in realtà molto meno di quello che si potrebbe. Sono boomerang che prima o poi si ritorcono contro. E neache la crisi è un alibi. Perché è proprio nei momenti di crisi che bisogna cercare di vendere di più. Molti manager non se ne rendono conto, non sanno guardare oltre l'immediato o non possono o non vogliono. Il nostro lavoro ha perso valore. La maggior parte delle creatività che nascono sono frutto di grandi compromessi".

La soluzione? Anche AssoComunicazione ha provato e prova a mettere dei paletti, ma il tema è magmatico. In quanto a 'spirito di corpo', poi, non è che il vostro comparto abbondi di buoni esempi. Almeno fino a poco tempo fa 
"Vero. Ognuno ci deve mettere del suo. Puntare i piedi. C'è una soglia di buon gusto sotto la quale non si può scendere. Forse è arrivato il momento in cui la nostra categoria recuperi un po' di dignità e rivaluti la cultura dell'idea, quella vera, strategicamente corretta. Per riportare le aziende a tenerne conto. Come ha dichiarato Dario Mezzano nella vostra intervista di pochi giorni fa e come ha sottolineato Cesare Casiraghi nel suo editoriale di lunedì scorso".

Dunque abbasso i contest online?
"Io non ci credo. Non credo all'intuizione del momento. Una buona idea è frutto di una buona strategia e per metterla a punto ci vuole tempo. Solo le idee che hanno le gambe lunghe fanno la differenza. I contest ora vanno di moda, esserci è figo. Anche brand famosissimi li lanciano, ma dietro c'è una regia. Non sono lasciati al caso e non sono fini a se stessi".

 

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