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Claudia Benedetti, responsabile servizio comunicazione sviluppo identità e social banking Federazione Italiana delle BCC-CRA
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BCC-CRA: nel 2010 niente tv, per sobrietà. Sì a ragionamenti su internet

13/05/2010

Recente l’esordio della nuova comunicazione BCC-CRA, firmata McCann Erickson, per parlare di soluzioni su misura, interpretando l’essenza di ‘banca biologica’ che questa cooperativa vuole rappresentare. Sapendo di aver dimostrato ai suoi clienti anche di farlo, come definito dalla strategia 2009, che ha visto i suoi impieghi triplicare rispetto alla media del mercato. Naturale chiedersi il perché, in un momento in cui a pesce ci si sono buttati un po’ tutti, qui la pianificazione ha detto no alla tv, scoprendo poi che sobrietà significa anche scelte media. Che non vuol dire in assoluto preclusione, ma ottimizzazione. Guardando molto da vicino internet. Youmark ne parla con Claudia Benedetti, responsabile servizio comunicazione sviluppo identità e social banking Federazione Italiana delle BCC-CRA.

Iniziamo da voi. Banca di Credito Cooperativo, ossia banche differenti, facenti capo a normative specifiche, a partire dall’articolo 45 della Costituzione. Ma in pratica, cosa comporta il vostro status, quali sono le sue implicazioni per il cliente finale?
“Il nostro posizionamento, come giustamente sottolineato, non è solo di marketing o di comunicazione, ma sostanziale, normativo. Fatto salvo che esistono anche altre banche dal rapporto mutualistico con i soci (per legge è stabilito il loro numero minimo e vigono i principi della ‘porta aperta’) e fortemente legate al territorio, noi abbiamo anche l’obbligo di destinare il 70% degli utili a riserva, cioè non distribuiamo dividendi (chi sceglie di aderire non lo fa certo per lucro, ma per vantaggio concreto, guardando a un target che va dalla famiglia alle piccole medio imprese). L’utile, dunque, è indisponibile, anche in caso di scioglimento della società. Inoltre, per l’erogazione di credito operiamo prevalentemente con i soci (oggi ne contiamo più di 1 milione, per un totale di circa 400 istituti, con 4.200 sportelli). Insomma, le nostre sono banche del territorio dalla testa ai piedi, fondate sulle persone e sulle relazioni. I clienti sono soci, così come lo sono gli amministratori, scegliendo di operare prevalentemente nell’ambito del luogo di appartenenza”.

E’ di fine marzo la vostra nuova campagna. A proseguimento del claim ‘una mano per la ripresa’, ora vi rivolgete direttamente a ogni singolo cliente promettendo risposte su misura. Quale il fine di posizionamento e business, insomma, in ottica strategica qual è il percorso di medio lungo che state tracciando?
“Vogliamo approfondire la capacità di fornire risposte adeguate alle esigenze dei differenti target. Puntiamo a essere identificati come banca biologica, nel senso di tarata sulle variazioni di necessità che la vita stessa, con il tempo che passa, genera. Dagli studenti alla famiglia. Dagli imprenditori agli anziani”.

Guardando ai risultati ottenuti nel 2009 e agli andamenti di questi primi mesi del 2010, come percepite il mercato, quale la vostra sensazione per il futuro?
“Nonostante la criticità di un anno come il 2009 sia stata sotto gli occhi di tutti, decidemmo di accettare i rischi che il sostegno al territorio comporta. I nostri impieghi, infatti, sono cresciuti di 3 volte tanto la media del sistema, riuscendo però a restare a fianco dei nostri clienti. E i consensi ottenuti nel 2010 ci stano già ripagando dello sforzo. Consci, comunque, che la crisi non è finita e che la ripresa è lenta e fragile”.

La vostra campagna ha puntato tutto su affissioni, stampa e web. Perché non la tv quando invece molte banche hanno trovato nel piccolo schermo via del proprio successo, con addirittura quelle che svolgono la loro attività solo in rete ad aver sfruttato con soddisfazione i ritorni dello spot? Il vostro è un no per scelta strategica, per budget, per valutazione dei risultati attesi, o semplicemente temporaneo?
“Per sobrietà, per coerenza, per ottimizzazione degli investimenti. E anche perché oggi l’obiettivo dei messaggi è fornire ulteriori motivazioni istituzionali. La nostra ultima campagna televisiva, per cronaca, è quella del 2008 ”.

Ma la comunicazione fa bene alla banca. Essere, o meno, in pubblicità, fa cambiare i numeri del proprio business?
“A noi la comunicazione (abbiamo iniziato a farla solo nel 1999 contro i ben 125 anni di storia che caratterizzano la nostra esistenza) è servita soprattutto a rendere maggiormente visibile al pubblico la nostra rete, il sistema delle nostre oltre 400 banche, trasformando il tutto in corpo unitario. Il momento della verità, comunque, è sempre giocato allo sportello. In ogni caso, poi, non misuriamo i ritorni in termini di nuovi clienti, ma di awareness, percezione, memorabilità della marca. E a proposito siamo soddisfatti”.

La vostra agenzia è McCann Erickson. Come e perché l’avete scelta e qual è la vostra interpretazione del reciproco rapporto, credete nel valore della consulenza, dunque nella costruzione di relazioni di lungo, o pensate che il tempo possa logorare la creatività dei primi approcci?
“ Vinse la gara che indicemmo nel 2002. In quanto al resto, essendo noi stessi cooperativa, non possiamo che credere nella cooperazione, nella condivisione e nella partnership. Come detto, infatti, siamo composti da differenti realtà, che devono trovare coerenza e condivisione nel progetto elaborato a monte. Il nostro obiettivo, infatti, è costruire consenso. Anche perché non c’è un budget annualmente stanziato, ma progetti, cui far competere le differenti realtà”.

A proposito di budget, a quanto ammonta?
“In realtà non abbiamo una media, gli investimenti variano a seconda dei progetti, in relazione a obiettivi e contingenza”

E il web?
“Guardiamo con molta attenzione ai 30 milioni di italiani oggi connessi. Stiamo iniziando a ragionare il nostro modo di presidiare la rete, pensando di destinarci investimenti specifici”.

 

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