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Proto/McCann: dimissioni il 30/9. Perché il mercato è allo svacco

13/10/2009

E già il titolo spiega. La data implicitamente nega che l’addio ad AssoComunicazione sia legato al ritorno della classifica, evidenziando invece una forte convinzione di fondo. L’agenzia (che ricordiamo essere stata fra le prime a entrare in quella che fu la vecchia AssAP) parla infatti di inutilità. Fare parte di AssoComunicazione oggi non serve. Perché l’associazione non riesce a dare indirizzo comune al comportamento degli associati. E la colpa non è sua, ma del contesto. Come spiega Willi Proto, vice chairman and chief operating officer McCann Worldgroup, nonché fino a pochi giorni fa vice presidente AssoComunicazione, interpellato da youmark. 

Dunque il 'caso classifica' non c'entra nulla
"No. Ed è ben spiegato nel comunicato stampa che abbiamo emesso questa mattina. Alla base della decisione è il convincimento che siano cessate le ragioni della nostra partecipazione: operare in un mercato secondo principi e valori condivisi".

Sarebbe a dire?
"Il nostro mercato sta andando alla demolizione. E diventa sempre più difficile lavorare. I compensi si riducono, tanto che oggi rappresentano non più del 25/30% di dieci anni fa".

Quello dei compensi è un tema che le sta a cuore. Ce ne aveva già parlato in un'intervista lo scorso anno. Possibile che gli sforzi messi in campo da AssoComunicazione non siano serviti a niente?
"Purtroppo i rapporti con le aziende sono sempre meno basati sulla continuità e sempre più sul mordi e fuggi e sul ribasso dei budget. Ed è anche il motivo per cui oggi vengono indette le gare. A dar man forte agli utenti ci sono gli operatori del nostro comparto, che non hanno voglia e capacità di far fronte comune per mettere un argine. Quindi è inutile in sede associativa assumere decisioni e dare indirizzi, se poi una volta usciti dalla porta ognuno fa quello che vuole".

Non credo che il problema nasca oggi e non credo nemmeno dipenda da chi siede alla presidenza
"Assolutamente no, tanto è vero che non ci siamo mai permessi di muovere critiche, ad esempio, all'ultimo presidente Diego Masi. E tanto meno a Peter Grosser, che ha svolto un lavoro encomiabile sul fronte delle gare. Resta il fatto che AssoComunicazione oggi non è più in grado di incidere sui comportamenti dei singoli. Tenendo conto del fatto che non puà obbligare nessuno, altrimenti si tratterebbe di cartello".

Cosa vi piacerebbe accadesse dopo questa vostra presa di posizione?
"Accendere un dibattito. Nell'attuale contesto, l'associazione è più vittima che carnefice. Vorremmo che scendesse in campo anche l'Upa, che tra l'altro con i suoi iscritti vive gli stessi problemi. Perché le aziende dal canto loro, anche se
ricevono indicazioni, poi non le rispettano e sono le prime a scegliere chi costa meno. Senza tener conto che questo non fa bene alla comunicazione. Se non ci sono
margini di guadagno, non si può svolgere un buon lavoro. E io ultimamente vedo solo della 'brutta' pubblicità".

Forse però anche voi, come agenzia e come emanazione di una realtà internazionale, dovreste fare mea culpa. Ad esempio, le sigle locali, vedi non ultima Daniela Greco di casiraghi greco&, spesso chiamano in causa i network come primi 'colpevoli' della corsa al ribasso

"I clienti internazionali non esistono più e quelli rimasti pagano anche meno dei locali. Certo, anche noi abbiamo le nostre colpe. Ma siamo arrivati al punto che è diventato
improrogabile reagire. Tanto è vero che partecipiamo a poche gare e rifiutiamo remunerazioni che non stanno in piedi. Benvenuta una pubblica discussione su tutto questo. Noi non ci tiriamo indietro".




 

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