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Gallucci/1to1lab: non siate complicati. Il marketing è della semplicità

27/07/2009

Lo sapevate che le decisioni prima emergono nel profondo e solo poi contagiano la sfera emozionale? Che il 55% del tempo impiegato nel fare la spesa è privo di attività, vittima dell’ansia e della confusione? E che nelle relative risposte sta la sintesi di quanto deve diventare il marketing della nuova era? Anticipando che progettazione e semplicità ne rappresentano le parole chiave, youmark vi propone questa intervista a Francesco Gallucci, presidente 1to1lab. 

Perché sul marketing oggi si dice molto e di più. C’è chi ne organizza il funerale, chi gli ordina di abbandonare il controllo, chi di rispettare la necessità tattica di ritorni immediati. Qui vi proponiamo di fare un passo indietro. Anzi mille, andando a verificare cosa succede nella mente del consumatore. 

Oggi, infatti, tutti concordano sul fatto che deve essere lui al centro, ma ancora pochissimi stanno analizzando il complesso sistema emozionale che regola ogni sua relazione. E che parte ancora prima, dal profondo. Imponendo al marketing di studiare cosa lì succede, grazie all’aiuto di strumenti quali il design, le neuroscienze, l’antropologia culturale, la sociologia della comunicazione, la psicologia cognitiva. 

L’innovazione, dunque, sta nella misurazione dell’impatto delle emozioni, creando scale e metriche di valori, così che il marketing non perda quei numeri che gli servono per decidere. Ci sono aziende che ci hanno già pensato. Tecniche come l’eye-tracking e il biofeedback, combinate insieme molto possono, arrivando a definire qual è la comunicazione più efficace. Anche di uno scaffale. Sottolineando come il punto vendita sia oggi elemento debole nella catena della relazione, lasciando vuoto ben il 55% del tempo della spesa, pervaso dall’ansia e dalla confusione. Il che equivale a perdere una grande occasione. Di trasformare quel tempo e quello spazio in momento di apprendimento, di engagement. E anche di possibilità per comunicare innovazione. Perché la maggior parte delle aziende investe in ricerca e sviluppo, ma sono poche quelle che lo fanno sapere. 

Il tutto augurandosi che in Italia possa migliorare il grado di coinvolgimento del retail, a favore del cliente, oltre la pura logica commerciale. Insomma, auspicando una collaborazione più spinta tra distribuzione e brand, che nello shopper marketing sappia identificare non un’operazione tattica, ma un’iniziativa strategica. Il punto vendita, dunque, deve essere interpretato come sistema in grado di produrre dinamiche di coinvolgimento misurabili. Cercando di capire dove, come e quando, le stesse cambino durante il processo d’acquisto. Ed è lì che bisogna intervenire.

 

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