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Fabio Formisano, marketing & communication manager Extyn Ambrosio Group
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Formisano/Extyn: cerchiamo agenzia, a breve gara da 1,7 milioni di euro

10/12/2008

Per puntare tutto sul brand. Replicando quanto succede nel comparto dell’intimo. Dove il mercato è suddiviso in fasce. Alta, bassa ed emozionale. Ed è a quest’ultima che Extyn guarda, avendo come obiettivo il cuore delle donne. Credendo fortemente che anche nel pronto moda sia la marca a fare la differenza. Come dimostra la volontà di indire a breve una gara per un budget da 1,7 milioni di euro. Perché la comunicazione può fare la differenza, giocando tutto sull’unconventional. Lo racconta a youmark Fabio Formisano, marketing & communication manager Extyn Ambrosio Group.

Il protagonista è, appunto, Extyn di Ambrosio Group, marchio del pronto moda italiano, con sede a Nola, in provincia di Napoli, che di recente ha avviato un processo di ristrutturazione manageriale, in vista del proprio riposizionamento strategico sul mercato. Non a caso, tra gli altri, la recente nomina di Fabio Formisano, a capo del marketing e della comunicazione, forte di un trascorso nel marketing operativo del Gruppo Lvmh Italia, divisione Sephora. 

Cosa dobbiamo sapere di Extyn prima di affrontare il dettaglio della nuova strategia di riposizionamento?
“Che è una realtà del sud Italia. Ed è già una notizia, nonché espediente per far conoscere un altro distretto sul pronto moda, sempre nel nolano, ai più estraneo. Ma, soprattutto, è un’azienda con oltre 200 punti vendita, di cui ben 145 di proprietà, il resto in franchising, e una presenza all’estero con 13 negozi, in Albania, Arabia Saudita, Cipro, Emirati Arabi, Kuwait, Qatar, Romania, Moldavia, Ucraina, Russia. Il fatturato oggi supera i 50 milioni di euro. Il 60% della produzione è dislocata in Cina, il restante nel napoletano, nei vari distretti tessili”. 

Chi è la vostra cliente tipo?
“Presidiamo la fascia media del mercato. Un’indagine da me commissionata mostra come il 40% delle nostre vendite competa a una donna tra i 25 e i 35 anni. A seguire le 35-45 enni, cui corrisponde il 25 per cento del nostro fatturato, mentre le 18-25 pesano per il 20%”. 

Perché si è sentita l’esigenza di una ristrutturazione?
“Sino ad oggi l’azienda ha potuto prosperare sulla base delle intuizioni del suo amministratore delegato, Ciro Ambrosio, che ora si trova nella necessità di governare più strategicamente lo sviluppo. Non a caso, la definizione di un nuovo assetto manageriale, dalle risorse umane (con la nomina di Alessandro Raggi) al responsabile franchising, all'Itc. Con il marketing a lamentare le carenze di un sistema moda che al sud è certamente più arretrato. Con le stesse ricerche sul consumatore a essere eccezione, non regola”. 

E il riposizionamento, in che direzione intende muovere?
“L’obiettivo è puntare tutto sul brand. Già da un anno, infatti, si è lavorato sulla qualità del prodotto, rendendo il concetto di un vestire accessibile (il nostro prezzo medio è di 40 euro) e versatile, per ogni occasione della giornata, mattino, pomeriggio e sera. Ora è il momento della comunicazione. C’è la necessità di aumentare l’equity e l’awareness del marchio. Andando a coinvolgere maggiormente le clienti della fascia tra i 35 e i 45 anni di età, pur consolidando lo zoccolo duro delle 25-35 enni. L’idea è quella di sganciarci dal prodotto, perché nella moda è il brand a contare. Non si acquistano capi, ma stili di vita”. 

Sino a oggi come vi siete mossi in comunicazione e quale il budget?
“L’investimento è ammontato a circa 1,4 milioni di euro, concentrando il tutto sulla comunicazione tradizionale, soprattutto cartellonistica, cataloghi e materiale pop”. 

Mentre per il futuro?
“Stiamo mettendo a punto gli estremi per indire una gara. Non sono ancora stati definiti né la short list di agenzie né il brief vero e proprio, ma di certo pensiamo a una strategia unconventional, capace di ottimizzare gli investimenti che, per il 2009, saranno complessivamente pari a 1,7 milioni di euro”. 

Che tipo di brand volete essere? Dove guarda la vostra strategia?
“Ci piacerebbe mutuare l’assetto del mercato dell’abbigliamento intimo, dove le tre fasce - alta, media e bassa - sono facilmente distinguibili, anche grazie alle relative azioni di comunicazione, volendo noi occupare quella intermedia, dunque emozionale, parlando al cuore delle donne, senza più bisogno di riferirsi alle caratteristiche funzionali del prodotto”. 

Come mai siete convinti che l’unconventional sia la soluzione?
“Ci vorrebbe un budget di tutt’altra entità per disegnare questo posizionamento potendo agire con le leve tradizionali, spot in primis. Ma anche per scelta. Crediamo nel nuovo, nel virale, nel web 2.0, nelle rp”.







 

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