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Marco Carnevale/ McCann Erickson: rifiutate polke e mazurche

03/10/2008

Il mondo della pubblicità oggi non è nel tempo. E’  musica dimenticata, non rock and roll del business. Si dicono cose che non interessano a nessuno, non storie che connettono. Adeguandosi a linguaggi putrefatti, copiando il leader. Massaie che bucano il salvagente per dire di essere meno gonfie e dive all’amatriciana che ammiccano da un sofà. Marco Carnevale, creative director McCann Erickson, ci racconta la possibilità di fare questo lavoro in modo differente. Anche partendo dalla piccola media impresa. 

Per lei lo scorso febbraio nasceva Jump. Proprio su iniziativa della sede romana. Perché lì il mercato è difficile, deregolamentato e molto misto e serve creatività per affrontarlo. Soprattutto in modo proficuo. Come dimostra Roma Europa Festival, tra i primi clienti attivi della unit, mentre sono alle porte due new entry, che per scaramanzia ancora non si citano

L’obiettivo è fornire a tutti coloro che vogliono fare il salto di qualità uno strumento. Anche per la conquista dell’estero. All’altezza della loro capacità relazionale, ma condensando tutte le competenze McCann. Dove non esiste il ‘below the line’, nel senso che chi segue la campagna segue tutto, pure il punto vendita. Garantendo l’accessibilità a livello di costo, perché qui il lavoro a progetto lo è davvero. Riducendo al minimo le professionalità interne, coinvolgendo di volta in volta le necessarie. 

Ma facciamo un passo indietro. Perché tutto ha origine dal ‘non mondo’ della pubblicità. Negato come tale da Carnevale, allo stato attuale dei fatti. Con modi che non sono all’altezza né dei tempi, né dei destinatari, né dei livelli di competizione. Con la crisi a fare da alibi difensivo, anzichè divenire opportunità, stimolo per una comunicazione vissuta come arma per invertire, contrastare. 

Invocando prodotti, tematiche nette, incisive
. Senza considerare ciò rinuncia, perché tale è solo se i prodotti non hanno nulla da dire. E il problema non è il media. Ma il contenuto. Un banner su internet può essere altrettanto cretino. Il punto è saper creare storie che diventano terreno di incontro per persone disperse, e avere alle spalle prodotti, servizi e marche, che intessano con loro connessioni culturali. 

Ammantare i prodotti di senso e significato
. Questo è l’obiettivo. Non di oggi, di sempre. Come dimostra il lancio nel 2000 della campagna per la Banca di Credito Cooperativo. Una piccola marca che ha cambiato il linguaggio di un settore, mettendo un nuovo punto, a cui gli altri si sono dovuti adeguare. 

Per i nostri giorni, Carnevale cita Mastercard e Findus, dopo aver però pagato dazio offrendo il suo plauso pure a Sky ed Enel, della concorrenza. Una comunicazione che non nasce per vincere a Cannes, ma per vincere sul mercato. Trasformando i suoi brand in punti di riferimento. Risultati concreti, parlando a gente concreta. Troppo spesso, infatti, viene da chiedersi a chi siano rivolti i messaggi, dove alberghi quel mondo.

 

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