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Maximiliano Anselmo (a sinistra) e Sebastian Wilhelm
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Il 'Santo' che non ci perdona

25/07/2007

Bocciano la pubblicità italiana e dicono che i nostri migliori creativi sono costretti ad andare a lavorare all’estero. Sognano di essere catturati da Diesel. Ai potenziali clienti suggeriscono di investire in comunicazione per diventare ancora più ricchi. Youmark intervista Sebastian Wilhelm e Maximiliano Anselmo, quelli di ‘Bald’.

All’ultimo Festival della Pubblicità di Cannes hanno conquistato un Leone d’Argento con la campagna ‘Bald’ per Arnet Broadbant, suscitando non poche polemiche per l’esiguità del riconoscimento. Forse è per questo che ci dicono “che Cannes è una rassegna come le altre, anche se la più importante. Ma corrotta come tutti gli altri premi”. Sebastian Wilheim e Maximiliano Anselmo parlano da Buenos Aires, dove hanno fondato a fine 2004 l’agenzia di pubblicità con un nome latino ma che fosse pronunciabile anche in inglese.

I due si conoscono dai tempi dell’argentina Agulla & Baccetti. Poi Sebastian ha fatto il salto in Mother e in Wieden + Kennedy Amsterdam. “Lavorare con il top per le marche top è il meglio che ognuno si possa aspettare. Ritornare a Buenos Aires per le vacanze dopo aver realizzato la campagna Nike Football e vederla in televisione è stato un punto di non ritorno. Ho pensato che avrei potuto lavorare per il mondo dal mio Paese. Ed è quello che ora stiamo facendo”.

Perché per aprire l’agenzia avete siglato un accordo con il Gruppo Wpp?
“E’ stata una decisione strategica e segue la scelta di avere il quartier generale a Buenos Aires ma lavorare oltre confine. Anche adesso siamo impegnati con l’America Latina, l’Europa, l’Asia, gli Stati Uniti”.

Cosa è cambiato nella comunicazione argentina da quando siete nati e cosa è cambiato nel vostro approccio alla creatività?
“Siamo più olistici. Non è divertente limitarsi a creare spot. Bisogna sempre innovarsi, sia nell’approccio creativo sia in quello media. Se prima pensavamo alla pubblicità dei brand, ora pensiamo ai brand”.

Vi piacciono i new media e le nuove forme di comunicazione come il guerrilla e il world of mouth?
“Ogni possibile media va preso in considerazione se c’è una grande idea dietro il suo utilizzo. Altrimenti le persone sentono invaso ogni centimetro del loro spazio con l’effetto contrario”.

La campagna per Arnet Broadband  e quella per Lux , Bronzo a Cannes, hanno un diverso approccio e un diverso stile. Non vi piace essere ingabbiati?
“A ogni cliente deve essere dato ciò di cui ha bisogno. Non abbiamo un’unica impronta creativa. La prima volta che ci siamo presentati ad Arnet abbiamo detto che a nostro parere la costruzione del brand e l’offerta non dovevano viaggiare separati. Amiamo questo approccio, perché se il numero da contattare è nello spot, è immediato capire l’efficacia del messaggio. Il successo della campagna ha rafforzato la fiducia del cliente nei nostri confronti e reso più solidale il rapporto. Per Lux è stato diverso. Si tratta di un prodotto, non di un servizio. Nello specifico una saponetta che lascia brillantini sulla pelle delle donne. Per questo abbiamo deciso che la campagna doveva far sognare”.

Molte aziende italiane vi chiamano in gara su budget internazionali. Siete interessati a lavorare per clienti stranieri nel loro Paese d’origine o ritenete che la comunicazione locale debba essere fatta da sigle ben radicate nel territorio?
“Molti nostri referenti che lavorano in multinazionali sono italiani e ci piace avere a che fare con loro. Ma devono essere di mente aperta per poter collaborare con una sigla straniera. Devono capire che le buone idee possono arrivare da qualsiasi luogo e avere prospettive più innovative. La campagna che Coca-Cola ha utilizzato per la Worlds Cup è stata realizzata da noi. Ci piacerebbe lavorare per i vostri marchi di moda. La moda ci ispira molto. E’una vergogna che le campagne si assomiglino tutte: modella più logo. Ci piacerebbe lavorare per Diesel”.

Conoscete la pubblicità italiana? Cosa ne pensate?
“Pensiamo che sia veramente brutta e old-fashioned. Ci sorprende, considerando quanto siano brillanti gli italiani in settori come il design, l’architettura, la fotografia, la moda, il cinema. Solitamente i migliori creativi italiani vanno a lavorare in Inghilterra o negli Usa. Non capiamo il perché. Inghilterra e America rimangono i Paesi top, pubblicitariamente parlando”. 

Convincete in poche parole un potenziale cliente italiano che non ha mai fatto pubblicità ad iniziare
“Diventerai famoso, ti divertirai parecchio e sarai ancora più indecentemente ricco". 

 

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